Con sentenza Trib. Torino Sez. II, Sent., 29-09-2015 il Tribunale del capoluogo piemontese torna sull’argomento delicato della cremazione e delle volontà testamentarie espresse dal defunto.
La materia è delicata, anche perchè di recente lo scrivente studio si è occupato di un celebre caso di cronaca piemontese, nel quale il Comune di Torino, per il tramite della società concessionaria, aveva fornito il nulla osta alla cremazione del cadavere di una persona che espressamente in vita aveva escluso la volontà di essere cremata, il tutto invocando la normativa sulla cosiddetta cremazione d’ufficio. In alcuni casi, in effetti, la normativa prevede che il Comune possa dare il via libera alla cremazione.
Il caso analizzato dal Tribunale riguarda una signora che dal 2011 asseritamente aveva cambiato idea circa la cremazione della propria salma al momento della morte, dando istruzioni “orali” circa la tumulazione presso il cimitero. In effetti, la tesi dell’esecutrice testamentaria è questa. Il Tribunale formula un ragionamento a partire dalla forma richiesta per la validità delle disposizioni testamentarie, premesso ovviamente che il defunto può in vita disporre circa le modalità della sua sepoltura tramite il testamento, in questo caso il testamento olografo – scritto di pugno e sottoscritto -.
La sentenza è importante anche perchè ricostruisce correttamente la normativa del diritto funerario circa la cremazione, affermando soprattutto:
Infine, la disciplina in materia funeraria dettata dal D.P.R. n. 285 del 1990, stabilisce – dando applicazione alla succitata disposizione attraverso l’art. 79, comma 1 – che “la C. di ciascun cadavere deve essere autorizzata dal sindaco sulla base della volontà testamentaria espressa in tal senso dal defunto. In mancanza di disposizione testamentaria, la volontà deve essere manifestata dal coniuge e, in difetto, dal parente più prossimo individuato secondo gli articoli 74 e seguenti del codice civile e, nel caso di concorrenza di più parenti nello stesso grado, da tutti gli stessi”.
Nel caso analizzato non era in discussione, ovviamente, la cremazione d’ufficio autorizzata dal Sindaco, che può autorizzarla solo se prevista dal defunto nella disposizione testamentaria ovvero se voluta dal coniuge e dai parenti, secondo le gerarchie indicate dalla norma. Il caso affrontato dalla cronaca di Torino qualche tempo fa riguardava, in effetti, l’ipotesi in cui per “consultare” coniuge e parenti la concessionaria comunale aveva semplicemente inviato una raccomandata all’indirizzo risultante all’epoca del funerale dalla fattura di chi aveva pagato le spese. Modalità chiaramente insufficiente per stabilire se la volontà dei coniugi e dei parenti possa “supplire” adeguatamente alla mancanza di una disposizione testamentaria. Se però la disposizione testamentaria c’è, essa va rispettata e bisogna dare il via alla cremazione, con la precisazione che una volontà differente non può risultare “verbalmente espressa” successivamente al testamento durante la vita del de cuius.
La Corte di Cassazione, come ricorda il Tribunale, si è spinta al massimo a dire che la volontà del defunto può
“essere espressa senza rigore di forma attraverso il conferimento di un mandato ai prossimi congiunti”, ma ciò – chiarisce espressamente la Corte – soltanto nell’ipotesi in cui manchi la scheda testamentaria (cfr. Cass. 12143/2006)
Il defunto avrebbe diritto ad un ripensamento, ma solo se espresso nelle forme di cui all’art. 680 cod. civ., il quale recita appunto che
La revocazione espressa può farsi soltanto con un nuovo testamento, o con un atto ricevuto da notaio in presenza di due testimoni, in cui il testatore personalmente dichiara di revocare, in tutto o in parte, la disposizione anteriore
Articolo redatto a Torino da Studio Duchemino l’11 marzo 2016