Si parla sempre più spesso di una modifica della concezione del “matrimonio”, cioè quell’unità di vita e comunione alla quale l’ordinamento ha sempre ricollegato una serie di diritti e di doveri.
Ora la convivenza more uxorio, come viene chiamata la famiglia di fatto, è sempre più equiparata anche giuridicamente al matrimonio e lo è anche sotto il profilo della perdita del diritto al mantenimento del coniuge.
Di recente la promozione delle convivenze more uxorio in tutti gli ambiti della vita civile e la loro tutela comportano una rivisitazione del matrimonio e la domanda principale dal punto di vista economico è proprio questa: il coniuge separato, ma si badi bene non ancora divorziato, che intraprenda una relazione di convivenza, perde il diritto al mantenimento acquistato in sede di separazione?
La risposta è ormai positiva.
Ed è una risposta positiva perché ormai la convivenza al modo del matrimonio come dice l’espressione latina, viene equiparata praticamente in tutti gli aspetti al matrimonio classico.
Di questi argomenti ha parlato di recente una sentenza della Corte di Cassazione che pone un punto fermo nell’ambito dell’elaborazione giurisprudenziale di questi anni, cioè la sentenza Corte di cassazione civile, sez. I, 19 dicembre 2018, n. 32871, secondo la quale
L’instaurazione da parte del coniuge divorziato di una nuova famiglia, ancorchè di fatto, rescindendo ogni connessione con il tenore ed il modello di vita caratterizzanti la pregressa fase di convivenza matrimoniale, fa venire definitivamente meno ogni presupposto per la riconoscibilità dell’assegno divorzile a carico dell’altro coniuge, sicchè il relativo diritto non entra in stato di quiescenza, ma resta definitivamente escluso.
Ora, bisogna dire che di solito cerca un avvocato matrimonialista o esperto della famiglia il coniuge che intende sapere in linea generale – poi ovviamente anche in particolare – quali sono i suoi diritti nell’ipotesi in cui intraprenda un percorso di separazione personale e l’avvocato divorzista spiega subito al cliente che sussiste una differenza abissale tra la separazione e il divorzio, in quanto la separazione non incide sul vincolo matrimoniale mentre il divorzio lo rescinde.
In effetti, poi, dal punto di vista economico e patrimoniale l’ultimo comma dell’articolo 5 della legge sul divorzio afferma che
L’obbligo di corresponsione dell’assegno cessa se il coniuge, al quale deve essere corrisposto, passa a nuove nozze.
Il coniuge, al quale non spetti l’assistenza sanitaria per nessun altro titolo, conserva il diritto nei confronti dell’ente mutualistico da cui sia assistito l’altro coniuge. Il diritto si estingue se egli passa a nuove nozze.
La novità portata da questa sentenza sta proprio nel fatto che a differenza di quanto stabilito dall’articolo 5) appena citato, non è necessario che il coniuge al quale sia stata riconosciuta in sede di separazione la prestazione di mantenimento debba passare a nuove “nozze”, essendo sufficiente che abbia intrapreso una convivenza equiparabile alle nozze e quindi dotata di quelle caratteristiche di stabilità, dalle quali poi la stessa persona ritrae anche una stabilità economica.
Perché questa sentenza è interessante per l’avvocato matrimonialista? Perché in essa l’argomentazione della moglie, che aveva ottenuto il vantaggio della prestazione di mantenimento cioè l’assegno di mantenimento dal marito, era proprio questa, cioè il fatto che anche se era passata ad una nuova convivenza stabile, tuttavia il giudice non aveva indagato in concreto se da questa convivenza stabile ella ricevesse dei vantaggi economici tali da fornirle quella stabilità di cui aveva bisogno.
Ma la Corte prescinde da questo aspetto, nel senso che applicando in modo estensivo la norma e in qualche modo anche tralasciando l’aspetto concreto della questione finanziaria ed economica, afferma semplicemente che la convivenza in sé al pari del matrimonio esclude l’assegno di mantenimento.
E questo lo dice soprattutto sulla base del fatto che il nuovo assetto di tipo in senso lato familiare rompe ogni legame organizzativo e funzionale rispetto alla famiglia precedente.
Ricordiamo che l’avvocato matrimonialista a Torino é l’avvocato che si occupa di separazioni e divorzi a Torino e in tutta l’Italia, per effetto del cosiddetto processo telematico che abilita a depositare atti presso ogni tribunale, senza contare tutte le questioni di famiglia legate ai figli e al tribunale per i minorenni.
L’avvocato della famiglia oppure l’avvocato della separazione deve spiegare, quindi al cliente, come parte essenziale della sua prestazione professionale, che da una parte l’ordinamento gli garantisce la libertà di formare un nuovo nucleo famigliare anche semplicemente di convivenza, dall’altra spiega al cliente anche che intraprendere una nuova relazione stabile significa perdere inevitabilmente l’assegno di mantenimento da parte dell’ex coniuge.
Questa può diventare anche un’argomentazione per il marito che paghi gli alimenti o il mantenimento, in quanto è evidente che di fronte a una nuova relazione della moglie non ha nemmeno senso chiedersi quale sia la necessità economica della medesima.
Nella sentenza si fa riferimento al principio dell’autoresponsabilità, ossia del rilievo della scelta esistenziale, libera e consapevole, che comporta l’esclusione di ogni residua solidarietà postmatrimoniale con l’altro coniuge, il quale non può che confidare nell’esonero definitivo da ogni obbligo.
Sono proprio le parole della sentenza a spiegare quindi che la scelta esistenziale libera e consapevole dell’ex coniuge comporta il venire meno per l’altro coniuge di ogni obbligo nei suoi confronti.
Di solito si rivolge all’avvocato per una separazione o un divorzio il cliente che ha bisogno di intraprendere un cammino di separazione a causa dell’intollerabilità della convivenza, ma che magari non ha mai lavorato oppure è stato mantenuto dal marito o della moglie.
A questo punto è fondamentale che l’avvocato matrimonialista e divorzista spieghi innanzitutto la differenza tra separazione e divorzio e poi naturalmente anche questo principio che si è venuto ad affermare anche con riferimento alla convivenza e non solo al matrimonio. Non è più necessario contrarre nuove nozze per perdere l’assegno di mantenimento.
D’altronde la Corte di Cassazione spiega anche nella motivazione della sentenza, ed è questo un punto abbastanza importante, che non si considera più decisiva l’argomentazione secondo cui la separazione è una condizione personale “reversibile” per cui i coniugi che potrebbero tornare sui propri passi e riconciliarsi, perché in tale caso comunque non sarebbe dovuto l’assegno di mantenimento, ma si attuerebbe semplicemente una convivenza uguale a quella del matrimonio, dove non esistono assegni ma esiste una contribuzione reciproca dei coniugi.
In conclusione è bene ricordare a quel cliente che cerca a Torino un avvocato per separazioni o divorzi che alla libertà che l’ordinamento gli accorda di intraprendere una nuova vita si associa ormai anche un principio di autoresponsabilità che esonera l’altro coniuge a questo punto da ogni prestazione patrimoniale.
Articolo redatto a Torino da Studio Duchemino il 28 marzo 2019