In materia di processo telematico si stanno susseguendo diversi incontri e convegni per capire come esso funzioni, ma soprattutto quali atti si possano o meno depositare in via telematica.
Partiamo col dire che il Ministero della giustizia DM 21/02/2011, n. 44 ha stabilito (comma I art. 35) che:
L’attivazione della trasmissione dei documenti informatici da parte dei soggetti abilitati esterni è preceduta da un decreto dirigenziale che accerta l’installazione e l’idoneità delle attrezzature informatiche, unitamente alla funzionalità dei servizi di comunicazione dei documenti informatici nel singolo ufficio
Si è instaurata la prassi, in ogni Tribunale, di stabilire quali siano gli atti ammessi in via telematica o meno, a partire appunto da questo controllo sull’idoneità delle strutture informatiche a garantire il servizio. Ciò significa che il Ministero della Giustizia, con la Direzione Generale Servizi Informativi Automatizzati (DGSIA) dovrebbe limitarsi con decreto dirigenziale a questo genere di controllo. Sul sito “pst.it” si rinviene, invece, per ogni Tribunale una specie di lista degli atti depositabili, in quanto il decreto stabilisce anche gli atti che possono essere depositati o meno in via telematica.
Ora, a Torino, sulla scia del Tribunale di Foggia, il Tribunale aveva emanato una decisione, in particolare quella del 15 luglio 2014, nella quale dichiarava inammissibile un ricorso ex art. 702 bis c.p.c.. Richiamando il DL 18/10/2012, n. 179, art. 16 bis, secondo cui
Salvo quanto previsto dal comma 5, a decorrere dal 30 giugno 2014 nei procedimenti civili, contenziosi o di volontaria giurisdizione, innanzi al tribunale, il deposito degli atti processuali e dei documenti da parte dei difensori delle parti precedentemente costituite ha luogo esclusivamente con modalità telematiche, nel rispetto della normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. Allo stesso modo si procede per il deposito degli atti e dei documenti da parte dei soggetti nominati o delegati dall’autorità giudiziaria.
in sostanza il Tribunale piemontese finiva per limitare agli atti endoprocessuali la facoltà di deposito telematico, confermando anche un certo valore del decreto dirigenziale.
Ora, il punto è che tale conclusione si deve superare e ne dà prova un’ordinanza del Tribunale di Roma, l’ordinanza 24 gennaio 2015, secondo la quale si perviene ad interpretazione opposta. In questo caso si trattava di un ricorso ex art. 700 c.p.c., cioè un ricorso di urgenza a fronte del quale una delle parti si era costituita depositando in via telematica la propria comparsa, con i documenti.
Il Giudice istruttore analizza preliminarmente la questione dell’eccezione sollevata circa l’inammissibilità di una comparsa depositata in via telematica, laddove il decreto della DGSIA non la prevede nel novero degli atti depositabili in via telematica. E premette proprio il punto fondamentale dell’argomentazione, cioè la premessa secondo cui il decreto dirigenziale della DGSIA non ha alcun potere per legge di individuare il novero degli atti che possono essere oggetto di deposito telematico, anzi potrebbe addirittura mancare. Inoltre, non esisterebbe alcuna norma che commina la sanzione dell’inammissibilità dell’atto depositato in via telematica nonostante non previsto dal decreto della DGSIA. Il Giudice conclude, peranto, che spetta all’organo giudiziario stabilire se l’atto, sia pure depositato in via telematica, ha raggiunto lo scopo della costituzione in giudizio. E’ chiaro che se l’atto, una volta accettato dalla Cancelleria e quindi visibile a tutte le parti, Giudice compreso, ha raggiunto lo scopo, non può essere dichiarato in alcun modo inammissibile, tesi ormai sostenuta da vari Tribunali italiani proprio sulla scorta delle normali regole processuali riguardanti la nullità degli atti (art. 121 c.p.c.).
Articolo redatto a Torino da Studio Duchemino il 3 marzo 2015