Sempre più frequente è la sospensione del lavoratore che rifiuta il vaccino anti Covid-19.
Il lavoratore, invocando la propria libertà di autodeterminazione nelle cure mediche, decide di non sottoporsi al vaccino anti Covid e quindi ne consegue il provvedimento dell’azienda con cui viene messo in aspettativa non retribuita per inidoneità temporanea al lavoro.
Ciò può accadere per l’obbligo di Green Pass o semplicemente per la normativa che, pur non imponendo la vaccinazione obbligatoria contro il Covid, rende di fatto questa l’unica soluzione per continuare a lavorare.
Un recente caso, portanto all’attenzione del Tribunale di Verona, ha avuto esito infausto per la lavoratrice, che era una OSS di una RSA.
La lavoratrice ha agito d’urgenza – art. 700 c.p.c. – in mancanza probabilmente di altri strumenti, vista la natura sussidiaria di questo tipo di ricorso, che dovrebbe essere utilizzato solo in via residuale, in mancanza d’altro.
Il motivo di ricorso è interessante, in quanto la lavoratrice afferma che anzitutto la vaccinazione non sarebbe obbligatoria – circostanza pacifica in Italia in questo momento – ma che comunque sarebbe irragionevole imporla, visto che anche un soggetto vaccinato può ammalarsi e trasmettere il virus.
Il primo commento che viene è di tipo scientifico, in quanto l’avvocato del lavoro si deve chiedere anzitutto in che misura il virus è trasmesso da un soggetto vaccinato e in secondo luogo come intende la lavoratrice dimostrare questi aspetti tecnico-scientifici, all’interno di un panorama nazionale in cui regna prevalentemente il caos di opinioni e concetti, distribuiti ogni giorno su social, quotidiani e televisioni.
Nell’ordinanza Tribunale Verona, Sez. lavoro, Ord., 24/05/2021 stupisce l’assenza delle argomentazioni della RSA, la residenza per anziani che subisce la causa e ha sospeso la lavoratrice: non viene riportata alcuna argomentazione difensiva nel testo del provvedimento, ma sarebbe stato certamente utile visto che in questo momento è utile capire come i valori costituzionali trovino attuazione nelle aule di giustizia.
Orbene, secondo il Giudice l’argomento per cui la vaccinazione non sarebbe obbligatoria non prova nulla in quanto il lavoratore può essere sospeso anche in virtù di altra normativa, prevista dal Decreto legge 1 aprile 2021 n. 44, art. 4, comma 1 ultima parte, la vaccinazione costituisce requisito essenziale per l’esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative dei soggetti obbligati. La vaccinazione è somministrata nel rispetto delle indicazioni fornite dalle regioni, dalle province autonome e dalle altre autorità sanitarie competenti, in conformità alle previsioni contenute nel piano.
Il Giudice, poi, riporta la finalità di tale normativa, ovvero quella di “tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell’erogazione delle prestazioni di cura e assistenza“, indice di come l’interesse prevalente, che qui dev’essere tutelato, risulta essere quello dei soggetti assistiti.
In poche parole, quindi, anche in assenza di obbligo vaccinale, la normativa che impone la vaccinazione al personale sanitario ha finalità di tutela della salute pubblica e quindi legittima l’adozione di quei provvedimenti sospensivi del lavoratore.
Viene richiamata anche l’ordinanza 328/2021 dal Tribunale di Belluno, di pari tenore.
Poche speranze, quindi, per il lavoratore no vax, in quanto almeno in ambito sanitario la situazione attuale è questa.
In ogni caso, è sempre bene chiedere un parere legale all’avvocato del lavoro.
Articolo redatto ad Alpignano da Studio Duchemino – staff LAVORO E PREVIDENZA SOCIALE – il 30 settembre 2021.