Che la situazione sia drammatica non è una novità, visto che le politiche austere e deflazionistiche tanto propugnate dalla Germania hanno portato negli ultimi tempi ad una depressione economica che sembra senza via d’uscita. Il Giappone, sono i dati di oggi, torna in recessione. Nel secondo trimestre aveva registrato un tonfo del pil su base annua del 7,3%. La politica di deficit spending, utilizzata per “pompare” la crescita si è arenata e si parla già di un nuovo pacchetto di stimoli per l’economia nipponica: qualche trilione di yen, tre o quattro.
In Europa e in particolare dalla BCE arrivano le dichiarazioni del Governatore Draghi, il quale afferma:«L’euro è irreversibile e la Bce farà tutto quel che serve, nell’ambito del suo mandato, per preservarlo. Comunque la Bce non ha alcun potere legislativo per obbligare i Paesi membri a stare nell’euro o a lasciarlo». Le dichiarazioni fatte oggi hanno eccitato gli operatori di Borsa. In realtà la ricetta è vecchia come il mondo, perchè da sempre il “batter moneta” è prerogativa del sovrano. Uno Stato non può fallire, come dicono molti economisti, anzi lo Stato esiste proprio per questo. Perché in situazioni del genere, e cioè nel caso di debito pubblico eccessivo e stagnazione o depressione economica, lo Stato può certamente battere moneta, attraverso, in questo caso, l’acquisto di titoli o misure di altro tipo, sempre non convenzionali.
Peraltro, l’acquisto di debito pubblico si sovrapporrebbe alle misure già poste in campo: finanziamento a tasso quasi nullo agli istituti di credito, acquisto di covered bond, eccetera. Ovviamente si vedono i primi risultati, che però necessitano di un consolidamento.
Yves Mersch, membro del comitato esecutivo della BCE frena sul quantitative easing, sostenendo una diversità tra la BCE e la FED. Ma ormai la strada è obbligata, proprio perchè come hanno fatto gli altri Paesi, anche l’Europa si deve adeguare. “Lo slancio di crescita della zona euro si è indebolito durante l’estate e le recenti stime sono state riviste al ribasso. La ripresa è messa a rischio da disoccupazione alta, capacità produttiva inutilizzata e necessari aggiustamenti di bilancio”: Draghi insiste sulla necessità, a fianco degli interventi straordinari della Banca Centrale, delle riforme per rendere il mercato agile e per restituire alle imprese la possibilità tecnica di investire, per snellire la burocrazia e accelerare la giustizia civile. “i Paesi che crescono di più sono quelli in cui alcune riforme strutturali sono state già attuate. Il 2015” – aggiunge – “deve essere l’anno in cui tutti governi e istituzioni della zona euro allo stesso modo, devono varare una strategia comune coerente per rimettere in marcia le nostre economie”.
Insomma, la BCE è sempre pronta ad intervenire, salvo che, in prospettiva critica, molti osservatori ne sostengono il fallimento politico, visti i risultati concreti ottenuti. Ma tuttavia, anche gli Stati devono fare la loro parte, altrimenti le misure si trasformano in vantaggi temporanei, destinati ad estinguere presto i loro effetti.
Articolo redatto a Torino da Studio Duchemino, il 17 novembre 2014.