Da moltissime parti si richiede un chiarimento a proposito del domicilio prevalente al padre. Purtroppo, negli ultimi anni le vicende che portano a separazione e divorzio si accompagnano tristemente a conflitti tra i coniugi circa l’affidamento dei figli. Ci siamo già occupati del tema, sia a proposito dell’assegnazione della casa coniugale, sia a proposito dell’affidamento dei figli. In particolare, i padri separati si pongono spesso questa domanda: a chi affidare i figli? E’ possibile un affidamento prevalente al padre? Quando è possibile un affidamento prevalente al padre e a che condizioni, considerato anche che secondo le cognizioni di psicologia si tende a ritenere che il figlio nei primi anni di vita ha bisogno più della figura femminile materna?
Ora, ci siamo occupati in passato di affidamento dei figli e collocamento prevalente.
Bisogna ricordare, però, che l’affidamento condiviso è la regola, ma c’è da distinguere tra affidamento e collocamento abitativo. Una questione riguarda l’affidamento, cioè a chi spettano tra i due coniugi separandi le principali decisioni sulla vita dei figli, altra questione, invece, è quella della coabitazione concreta: il figlio di solito non viene allontanato dalla cosiddetta casa familiare, che sempre usualmente viene assegnata al coniuge a cui vengono affidati i figli a livello di coabitazione. Dunque, si può a grandi linee approssimare che l’affidamento condiviso ai due genitori è la regola, e che la coabitazione notturna, cioè il posto dove dormono, è di solito la casa coniugale assegnata alla madre.
Ovviamente questo ha delle eccezioni, per questo si fornisce qui una breve disamina giurisprudenziale. Lo Studio Duchemino si occupa da anni a Torino di questioni di famiglia: separazione, divorzio, nullità del matrimonio. Tutte questioni che finiscono per implicare inevitabilmente la questione aggiuntiva del domicilio prevalente al padre. Vediamo, quindi, le principali decisioni dei giudici (cosiddetta “giurisprudenza”) circa il domicilio prevalente al padre.
Bisogna dire, anzitutto, che secondo i giudici un concetto fondamentale è che il figlio non va affidato partendo dal semplice legame “affettivo” che ha con i genitori, ma va avvidato tenendo conto del suo oggettivo interesse. Ciò significa che il figlio può benissimo avere un ottimo rapporto con il genitore, ma ciò non basta. Non basta a garantire che l’ottimo rapporto col genitore sia anche sinonimo di maturità del padre nella gestione del suo interesse educativo “oggettivo”.
E’ stato deciso, infatti, che il padre non poteva considerarsi affidatario (Cass. civ. Sez. I, 22/09/2016, n. 18559)
qualora sia attestata la scarsa maturità genitoriale del padre nell’affrontare le maggiori responsabilità derivanti da un affido condiviso e la sua inidoneità educativa, in quanto elementi chiaramente in contrasto con l’interesse del minore ad un tale affidamento
Ciò significa che il padre non può fidarsi dell’affidamento condiviso ad entrambi (condivisione delle decisioni sulla vita del figlio), qualora pur avendo un ottimo rapporto affettivo coi figli, non sia in grado di garantire quella maturità educativa che al figlio oggettivamente serve per la crescita.
In sostanza, il giudice (cfr. Cass. civ. Sez. VI – 1 Ordinanza, 19/07/2016, n. 14728) dovrà fare una valutazione con previsioni sul futuro: valutare la condotta del padre per capire se costui sarà in grado di garantire al figlio quella presenza affettiva che sia anche educativa. Dobbiamo dire, infatti, che al figlio vanno evitati nel migliore modo possibile, secondo il parametro di legge, gli eventuali danni derivanti dalla disgregazione del nucleo familiare, ragione per cui è evidente che il rapporto con il padre deve essere anche educativo, per evitare l’affidamento esclusivo alla madre.
In molti casi, i padre che chiedono a proposito del domicilio prevalente al padre devono fronteggiare un altro grave problema: la sindrome da alienazione parentale. Nella lite coniugale non è insolito, infatti, che un genitore usi i figli nella lite, mettendoli contro l’altro genitore, al punto che costoro non lo vogliono più vedere. Il padre, in questo caso, visto che trattiamo dell’argomento, deve poter chiedere all’ordinamento giuridico italiano una valutazione su questo punto. E’ stato detto dai giudici, in particolare Cass. civ. Sez. I, 08/04/2016, n. 6919, che è fondamentale una valutazione di merito: se il padre denuncia che la madre ha posto in essere gravi comportamenti per influenzare i figli e ottenere il collocamento prevalente presso di lei, facendo odiare il padre ai figli, costui ha a disposizione le normali prove processuali. Dovrà inaugurare un processo per ottenere le modifiche delle condizioni famigliari, adducendo prove e allegazioni, con le quali dimostrare questi comportamenti; sarà sentito il minorenne e in generale saranno acquisite le prove del caso.
Lo Studio legale a Torino si occupa di tali questioni: bisogna rivolgersi al proprio avvocato a Torino, chiedendo preventivamente delucidazioni sul domicilio prevalente al padre, per capirne i contorni e le condizioni.
Articolo redatto a Torino da Studio Duchemino il 21 febbraio 2017