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Condominio: occupazione di beni comuni e rimozione

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L’amministratore condominiale non è tenuto a chiedere il mandato all’assemblea per la difesa delle parti comuni e per far rimuovere manufatti.

Lo stabilisce, facendo riferimento ad un precedente, la stessa Corte di Cassazione affermando quindi una distinzione tra azioni reali e azioni per la rimozione di semplici manufatti.

Si premette che l’amministratore, a norma dell’art. 1130 cod. civ., tra l’altro, si occupa di:

compiere gli atti conservativi relativi alle parti comuni dell’edificio

L’art. 1131 cod. civ., invece, stabilisce che

Nei limiti delle attribuzioni stabilite dall’articolo 1130 o dei maggiori poteri conferitigli dal regolamento di condominio o dall’assemblea, l’amministratore ha la rappresentanza [c.c. 1132, 1133] dei partecipanti e può agire in giudizio sia contro i condomini sia contro i terzi

Ora, è chiaro che mettendo insieme le due norme, l’amministratore ha la rappresentanza del condominio e può stare in giudizio quando si tratti di difendere le parti comuni, compiendo atti conservativi della cosa comune e se esorbita dal mandato ha bisogno dell’incarico assembleare per nominare un legale. D’altronde (art. 1131 cod. civ., III comma)

Qualora la citazione o il provvedimento abbia un contenuto che esorbita dalle attribuzioni dell’amministratore [c.c. 1136], questi è tenuto a darne senza indugio notizia all’assemblea dei condomini.

In un caso avvenuto a Gorizia la Corte di Cassazione ha smentito la Corte d’Appello di Trieste. Quest’ultima, infatti, credendo si trattasse di un manufatto che occupava il cavedio di un condominio e che quindi l’azione a difesa della parte comune fosse “reale”, improntata cioè alla difesa della proprietà, aveva ritenuto di adeguarsi all’orientamento della Cassazione espresso dalle sentenze n. n.ri 3044/2009, 24764/2005 e 12557/1992. Come azione “reale”, il giudizio non avrebbe, secondo la Corte triestina, potuto essere proposto direttamente dall’amministratore senza un mandato dell’assemblea.

Invece, la Cassazione ribalta la decisione, considerando il suo precedente più tipico, le sentenze n. Cass. 1 ottobre 2008; n. 24391 e 17 giugno 2010, n. 14626, cioè considerando in sostanza l’azione non come azione reale, ma semplicemente come azione di conservazione della cosa comune che rientra pienamente negli incombenti dell’amministratore e che quindi non richiede uno specifico mandato dell’assemblea.

Articolo redatto a Torino da Studio Duchemino il 30 novembre 2016

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