La morosità in condominio è ormai una piaga diffusa, sia per gli amministratori, sia per gli stessi condomini.
L’imposizione fiscale sulla casa e soprattutto la crisi economico-finanziaria hanno colpito duramente anche a Torino. Si è diffusa ormai la “moda” di stipulare contratti di affitto e pagare solo i primi mesi di canone, per poi vivere gratis nell’immobile fino a quando i tempi lunghi della giustizia non consentono al proprietario di eseguire lo sfratto; oppure, la “moda” di non pagare minimamente, per anni, i debiti per spese condominiali. Ovviamente stiamo parlando di fenomeni perfettamente comprensibili, in parte non giustificabili, in parte frutto di politiche disastrose che hanno appunto portato al collasso la cosiddetta classe media. Detto questo, bisogna valutare se le norme introdotte con la trasformazione dell’art. 1129 cod. civ. dispongano soluzioni sensate o meno. E, a parte questo, la soluzione sarebbe sempre che l’economia andasse meglio, ma sta di fatto che spesso l’amministratore deve provvedere con una certa urgenza verso i condomini morosi, quelli che non pagano, complice anche l’elevato livello di spese di gestione imposte sia da normative astruse sulla sicurezza dello stabile, sulle problematiche anti-incendio, su tutta una serie di questioni spesso ideate dalla legge per rispondere alla normativa comunitaria, ovvero anche solo per creare nuova occupazione per i professionisti dei vari settori.
L’art. 1129 cod. civ., al comma nove, prevede:
Salvo che sia stato espressamente dispensato dall’assemblea, l‘amministratore è tenuto ad agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio nel quale il credito esigibile è compreso, anche ai sensi dell’articolo 63, primo comma, delle disposizioni per l’attuazione del presente codice.
L’art. 63 disp. att. cod. civ. prevede anche, oltre alle normali regole per l’ottenimento del decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo (tanto per intenderci, secondo il principio “prima paga e poi ti opponi davanti al Tribunale”), la seguente norma:
In caso di mora nel pagamento dei contributi che si sia protratta per un semestre, l’amministratore può sospendere il condomino moroso dalla fruizione dei servizi comuni suscettibili di godimento separato.
Anche se appare chiaro che difficoltà applicative vi possono essere, considerato che spesso “c’è ben poco da staccare” in termini di servizi condominiali. Di cosa si parla, dell’uso dell’ascensore? Insomma, questa norma impone sostanzialmente all’amministratore di agire subito e questo serve soprattutto in quei casi in cui l’amministratore per anni “non si muove”, adagiandosi su una situazione nella quale chi paga sono sempre i soliti condomini. Però, poi, alla fine, il risultato è da verificarsi di caso in caso, senza contare la prassi delle Banche di lasciar intraprendere la procedura dal condominio, per poi insinuarsi all’ultimo e prendere tutto “il malloppo” della vendita all’incanto, che peraltro di solito deriva da una sovrastima del mutuo originario, e quindi consente al massimo di recuperare qualche spesa in prededuzione e qualche spesa legale o professionale.
Teoricamente l’amministratore dovrebbe anche comunicare i dati dei condomini morosi ai terzi creditori:
d è tenuto a comunicare ai creditori non ancora soddisfatti che lo interpellino i dati dei condomini morosi (63 disp. att. cod. civ., I comma)
Il secondo comma dispone, invece, che i creditori
I creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se non dopo l’escussione degli altri condomini.
Si è cercato di ovviare anche al principio, che poi finiva per applicarsi in automatico, secondo cui i morosi rimangono morosi, e chi deve anticipare le spese (salvo il fatidico regresso, che però raramente conduce a qualche risultato utile) sono i condomini non morosi.
Inutile dire che nonostante la norma, che poi alla fine prevede un beneficio di escussione, non si è mancato di sostenere che tanto vale a questo punto consentire, temporaneamente, la costituzione di un fondo speciale ulteriore e urgente, a carico dei soliti condomini, per ovviare nel frattempo alla mancanza di liquidità del condominio (Cass. civ. Sez. II, 18/04/2014, n. 9083). Peraltro, per accelerare l’iter, si è paradossalmente sostenuto che non vale nemmeno la pena avvertire il condomino (Cass. civ. Sez. II, 16/04/2013, n. 9181) con una messa in mora, tanto la norma non lo prevederebbe. Ovviamente, è sempre una questione di situazioni concrete, perchè vi possono essere condomini morosi da anni, refrattari a qualunque diffida, ma anche condomini che invece per sviste o problematiche di altro tipo sono semplicemente in ritardo sui pagamenti.
Interessante, in questa materia, rimane la sentenza Cass. civ. Sez. Unite, 27/02/2007, n. 4421 che si è pronunciata sul delicato rapporto tra giudizio di opposizione al decreto ingiutivo sulle spese condominiali e impugnazione della delibera che le ha determinate. In sostanza, il giudice dell’opposizione non può sospendere il giudizio in attesa dell’esito dell’impugnazione della delibera.
onde, appunto in ragione della diversità della materia del contendere, tra il giudizio d’opposizione al decreto ingiuntivo emesso ai sensi del citato art. 63 disp. att. c.p.p., comma 1, e quello d’impugnazione della deliberazione condominiale in virtù della quale tale decreto è stato concesso non esistendo nè continenza nè pregiudizialita necessaria, il giudice del primo deve limitarsi ad accertare che il credito ingiunto sia fondato su deliberazioni con le quali siano stati approvati la spesa ed il relativo stato di riparto e che l’opponente fornisca o meno la prova d’aver corrisposto quanto dovuto, in difetto della qual prova deve rigettare l’opposizione, essendo ininfluente, in difetto di sospensione dell’esecutività delle deliberazioni da parte del giudice competente adito con l’impugnazione ex art. 1137 c.c., che le deliberazioni stesse possano o meno essere invalide sotto qualsivoglia profilo (e pluribus Cass. 7.3.05 n. 4951, 19.10.04 n. 20484, 17.5.02 n. 7261, 13.10.99 n. 11515, 18.11.97 n. 11457, 29.8.94 n. 7569)
In buona sostanza, le conseguenze in tema di conflitto di giudicati che ne deriverebbero
possono essere superate, sia in sede esecutiva ove i tempi lo consentano, facendo valere la sopravvenuta perdita d’efficacia del provvedimento monitorio come conseguenza della dichiarata invalidità della delibera, sia in sede ordinaria mediante azione di ripetizione dell’indebito (Cass. 7.10.05 n. 19519, 1.1.SS n. 7073, 3.5.99 n. 4371).
Si tratta di verificare, poi, in concreto, quali risultati pratici, in tempi di crisi, le norme predette producano.
Articolo redatto a Torino, da Studio Duchemino, il 22 novembre 2014