Assistere un fratello: obbligo o facoltà?
Oggi ci chiediamo quali siano le regole per assistere un fratello.
Inoltre, ci occuperemo delle conseguenze legali di assistere un fratello.
Questi hanno risvolti in materie diverse, lavoro, eredità, incapacità delle persone.
Andiamo con ordine, spiegando i vari concetti man mano che si presentano.
Indice
- Assistere un fratello: obbligo o facoltà?
- I risvolti lavorativi dell’assistenza.
- Assistere un fratello: obbligo o facoltà? L’interdizione e la tutela, l’amministrazione di sostegno
- Assistere un fratello: le conseguenze sull’eredità
Assistere un fratello: obbligo o facoltà?
In un contributo sull’obbligo di assistenza tra fratelli, avevamo già delineato i confini di questa figura giuridica.
Non si tratta, chiaramente, di un obbligo, se non solo morale o sociale, a meno che la questione non coinvolga l’aspetto economico.
Questo perché vi sono soggetti che versano in stato di bisogno e nessuno li può aiutare meglio se non i parenti stretti, come ad esempio i fratelli.
Peraltro, in questi casi è necessario rispettare l’obbligo gerarchico di intervento previsto dall’art. 433 c.c., che stila una serie di categorie di obbligati a pagare gli alimenti.
L’obbligazione alimentare, c.d. “diritto agli alimenti”, consiste in una prestazione a carattere patrimoniale effettuata da un soggetto obbligato all’interno del gruppo familiare, nei confronti del familiare che versi in stato di bisogno.
Gli obbligati alla prestazione alimentare sono le persone legate da vincolo di parentela, adozione o affinità con l’alimentando secondo un vero e proprio ordine gerarchico in base all’intensità del vincolo (coniuge, figli, genitori, ascendenti, affini, fratelli, donatari).
L’elenco dei soggetti obbligati a prestare gli alimenti è tassativo e l’alimentando si deve rivolgere in primis all’obbligato più prossimo e solo in caso di impossibilità, procedere con gli obbligati di grado più remoto.
Tuttavia, questo non significa che non ci si possa prendere cura del fratello spontaneamente.
In questo caso, si esercita una facoltà di assistere il fratello, che avrà diverse conseguenze.
I risvolti lavorativi dell’assistenza.
Il primo punto è che assistere un fratello significa in qualche modo sacrificare la propria condizione personale e lavorativa.
Il tempo dedicato al fratello, verrà sottratto ovviamente alla propria famiglia o al proprio lavoro.
Esistono istituti che prevedono legalmente permessi per assistere il fratello.
I premessi sul lavoro per assistere un fratello
Parliamo, ad esempio, dell’art. 4 Legge 08/03/2000, n. 53.
La norma stabilisce che la lavoratrice e il lavoratore hanno diritto ad un permesso retribuito di tre giorni lavorativi all’anno in caso di decesso o di documentata grave infermità del coniuge o di un parente entro il secondo grado o del convivente, purché la stabile convivenza con il lavoratore o la lavoratrice risulti da certificazione anagrafica.
In alternativa, nei casi di documentata grave infermità, il lavoratore e la lavoratrice possono concordare con il datore di lavoro diverse modalità di espletamento dell’attività lavorativa.
Si deve ritenere, dunque, che la fruizione dei tre giorni di permessi retribuiti sia subordinata alla documentata grave infermità del coniuge o di un parente entro il secondo grado; in mancanza di detta documentazione l’assenza da lavoro è ingiustificata.
Pagare una badante per assistere un fratello
Sempre a livello lavorativo, si potrà assistere il fratello mettendo una badante, un’infermiera o un altro genere di operatore paramedico o sanitario.
In questi casi, l’aspetto più significativo riguarda la nascita del contratto di lavoro.
E’ importante definire bene chi ha assunto la badante al fratello e soprattutto chi la paga e con quali fondi.
Le controversie legali spesso riguardano proprio le badanti che fanno causa ai fratelli degli assistiti o a chi li ha assunti, per mancato rispetto delle regole di lavoro.
D’altronde, si può anche rifiutare di assistere un fratello, non è un obbligo.
Assistere un fratello: obbligo o facoltà? L’interdizione e la tutela, l’amministrazione di sostegno
Un altro aspetto, anzi un’altra forma di assistenza del fratello è farsi nominare dal tribunale tutore o amministratore di sostegno, qualora il fratello presenti una disabilità o sia invalido e non possa parzialmente o totalmente badare a se stesso.
L’amministrazione di sostegno come regola per assistere un fratello
Nell’istituto dell’amministrazione di sostegno, il giudice ha il compito di individuare l’istituto che, da un lato, garantisca all’incapace la tutela più adeguata alla fattispecie e, dall’altro, limiti nella minore misura possibile la sua capacità.
Solo se non ravvisi interventi di sostegno idonei ad assicurare all’incapace siffatta protezione, il giudice può ricorrere alle ben più invasive misure dell’inabilitazione o dell’interdizione, che attribuiscono uno status di incapacità, estesa per l’inabilitato agli atti di straordinaria amministrazione e per l’interdetto anche a quelli di amministrazione ordinaria.
L’interdizione come intervento estremo
L’interdizione è divenuta, dunque, nell’ambito delle misure di protezione delle persone prive in tutto o in parte di autonomia, un provvedimento di portata residuale, occorrendo perseguire, nella individuazione della misura più conforme alle esigenze dell’interessato, l’obiettivo della minore limitazione possibile della sua capacità di agire.
In questo caso vi saranno precisi compiti di assistenza, che hanno risvolti legali civili e penali.
Le responsabilità nell’assistere un fratello e il rendiconto
Le operazioni compiute sui conti correnti, usando le pensioni e i redditi del fratello, dovranno essere oggetto di rendiconto al tribunale.
Ricordiamo, peraltro, che integra il delitto di omissione di atti di ufficio la condotta del tutore del soggetto incapace che ometta di depositare il rendiconto al momento della cessazione dalle funzioni, in quanto la qualifica pubblicistica connessa alla funzione svolta non viene meno nel caso di mancata redazione e presentazione dei rendiconti dovuti.
Questo comporta un penetrante obbligo del fratello di rendicontare la sua attività di tutore, qualora abbia deciso di assistere suo fratello in modo più completo e legalmente vincolante.
Ricordiamo la giurisprudenza:
Tribunale Ragusa, 17/06/1996
Lo stesso vale per il fratello amministratore di sostegno, in quanto va ritenuto pubblico ufficiale l’amministratore di sostegno del beneficiario con la conseguente integrazione del delitto di peculato laddove il rappresentante si appropri di somme di denaro appartenenti al rappresentato e ricevute, in ragione dell’ufficio rivestito.
Il rifiuto di farsi assistere dal fratello
Non è detto, peraltro, che un fratello capisca di essere invalido, sia cosciente e consapevole del problema medico che lo affligge.
Sicché spesso ci troviamo di fronte a situazioni di rifiuto, in cui il fratello afferma di non avere alcun problema e non vuole farsi assistere.
Sono situazioni molto delicate, in quanto anche i servizi sociali avranno difficoltà ad aiutare il nucleo familiare e assistere il fratello diventerà molto complicato per le ricadute da stress emotivo sulla persona e sulla sua famiglia.
Lo Studio Duchemino si è spesso occupato di seguire situazioni del genere, in varie parti d’Italia, in quanto anche i medici e i servizi pubblici trovano comodo riferirsi al fratello che sta assistendo il parente, senza considerare le difficoltà che lui stesso o lei stessa vivono tutti i giorni, avendo una loro famiglia.
Può accadere, ad esempio, che il fratello che assiste sia a sua volta malato o abbia bisogno di cure o assistenza o abbia dei problemi personali e non si trovino altri soggetti disponibili ad assistere un fratello che ha bisogno.
Assistere un fratello: le conseguenze sull’eredità
C’è poi tutto un capitolo su assistere un fratello e riceverne conseguenze a livello successorio ed ereditario.
Infatti, può accadere che un fratello faccia la donazione all’altro fratello per farsi assistere, con il risultato di creare una fattispecie in cui si può applicare la revoca della donazione per indegnità.
Revocazione per ingratitudine
L’art. 801 c.c. dispone:
la domanda di revocazione per ingratitudine non può essere proposta che quando il donatario ha commesso uno dei fatti previsti dai numeri 1, 2 e 3 dell’articolo 463, ovvero si è reso colpevole d’ingiuria grave verso il donante o ha dolosamente arrecato grave pregiudizio al patrimonio di lui o gli ha rifiutato indebitamente gli alimenti dovuti ai sensi degli articoli 433, 435 e 436
Il concetto di ingiuria grave
L’ingiuria grave richiesta, ex art. 801 c.c., quale presupposto necessario per la revocabilità di una donazione per ingratitudine, pur mutuando dal diritto penale la sua natura di offesa all’onore ed al decoro della persona, si caratterizza per la manifestazione esteriorizzata, ossia resa palese ai terzi, mediante il comportamento del donatario, di un durevole sentimento di disistima delle qualità morali e di irrispettosità della dignità del donante, contrastanti con il senso di riconoscenza che, secondo la coscienza comune, aperta ai mutamenti dei costumi sociali, dovrebbero invece improntarne l’atteggiamento.
Il vitalizio assistenziale
In altri casi, è possibile che il fratello sia sottoposto, poi, ad una azione in tribunale per sciogliere il contratto di vitalizio con cui ha ricevuto soldi o immobili per assistere il fratello, con la scusa che è rimasto inadempiente.
Il vitalizio assistenziale è un contratto atipico che discende dall’istituto giuridico della rendita vitalizia, disciplinata dall’art. 1872 c.c.
Nel contratto di vitalizio assistenziale il vitaliziante si obbliga ed eseguire una prestazione di dare o di fare nei confronti del vitaliziato a fronte della cessione di una bene mobile, immobile o capitale.
La prestazione a carico del vitaliziante è per lo più morale e spirituale; ed invero il vitaliziato si obbliga a cedere una bene mobile, un immobile o un capitale in favore del vitaliziato in cambio dell’assistenza che gli sarà prestata dal vitaliziante.
La prestazione tipica del vitalizio
Con il vitalizio assistenziale la prestazione che si impone a carico del vitaliziante è prevalentemente quella di offrire assistenza morale al vitaliziato e, solo in via residuale, un’assistenza di tipo materiale, quale la fornitura di ciò che è necessario per vivere, alimenti, vestiti pulizia, cure mediche.
Capiamo da tutto ciò, che assistere un fratello può rappresentare una occasione di arricchimento umano, ma anche una fonte di gravi responsabilità che non tutti si sentono di affrontare.
Nel dubbio, è sempre meglio chiedere una consulenza legale, in quanto l’avvocato saprà chiarire definitivamente tutte le situazioni.
Articolo redatto ad Alpignano da Studio Duchemino il 20 novembre 2024