Nelle controversie tra coniugi, uno degli aspetti essenziali è la regolamentazione dell’affidamento dei figli minorenni. Questi, di norma, sono affidati in via condivisa, secondo quanto dispone la legge. Il principio da salvaguardare è la bigenitorialità.
Tuttavia, a norma dell’art. 337 quater cod. civ.:
Il giudice può disporre l’affidamento dei figli ad uno solo dei genitori qualora ritenga con provvedimento motivato che l’affidamento all’altro sia contrario all’interesse del minore.
Inoltre, sempre secondo quanto disposto dall’art. 55, comma 1, D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, che ha modificato il codice civile
Ciascuno dei genitori può, in qualsiasi momento, chiedere l’affidamento esclusivo quando sussistono le condizioni indicate al primo comma. Il giudice, se accoglie la domanda, dispone l’affidamento esclusivo al genitore istante, facendo salvi, per quanto possibile, i diritti del minore previsti dal primo comma dell’articolo 337-ter. Se la domanda risulta manifestamente infondata, il giudice può considerare il comportamento del genitore istante ai fini della determinazione dei provvedimenti da adottare nell’interesse dei figli, rimanendo ferma l’applicazione dell’articolo 96 del codice di procedura civile.
Ricordiamo che, anche di recente (Cass. civ. Sez. I, 22/09/2016, n. 18559) la giurisprudenza ha chiarito che
L’affido condiviso non può essere concesso quando si ponga in contrasto con l’interesse del minore, la cui portata deve essere intesa come non limitata al desiderio del bambino di mantenere la bigenitorialità, ma in funzione del soddisfacimento delle sue oggettive, fondamentali, imprescindibiliesigenze di cura, mantenimento, educazione, istruzione, assistenza morale e della sua sana ed equilibrata crescita psicologica, morale e materiale.
In pratica, “In tema di affidamento dei minori, il criterio fondamentale, cui deve attenersi il giudice della separazione, è costituito dall’esclusivo interesse morale a materiale della prole, previsto in passato dall’art. 155 c.c. ed oggi dall’art. 337 quater c.c., il quale, imponendo di privilegiare la soluzione che appaia più idonea a ridurre al massimo i danni derivanti dalla disgregazione del nucleo familiare e ad assicurare il migliore sviluppo della personalità del minore, richiede un giudizio prognostico circa la capacità del singolo genitore di crescere ed educare il figlio, da esprimersi sulla base di elementi concreti attinenti alle modalità con cui ciascuno in passato ha svolto il proprio ruolo, con particolare riguardo alla capacità di relazione affettiva, nonché mediante l’apprezzamento della personalità del genitore” (Cass. civ. Sez. VI – 1 Ordinanza, 19/07/2016, n. 14728 (rv. 641025).
Il genitore “escluso” dall’affidamento deve avere manifestato, in sostanza, una inidoneità certa all’educazione del figlio, qualità che va valutata anche in relazione al comportamento pregresso, precedente ai fatti di causa.
Articolo redatto a Torino da Studio Duchemino il 22 novembre 2016