Se un erede sfrutta la casa, che cosa fare?
Vediamo quali regole applicare, quando un solo erede sfrutta la casa comune.
E verifichiamo che cosa fare se la abita o la affitta, sfruttandola in modo esclusivo.
Indice
- La comunione ereditaria sul bene
- Le liti ereditarie se un erede sfrutta la casa in modo esclusivo
- Un erede sfrutta la casa con un comodato
- L’erede sfrutta la casa, perché è collegata ad un’azienda
- L’erede sfrutta la casa, che diritti hanno gli altri eredi?
- Se un erede sfrutta la casa, che cosa fare?
La comunione ereditaria sul bene
Alla morte di una persona, i figli o gli eredi possono trovarsi in comunione, quindi avere delle quote.
Un singolo bene indiviso può appartenere in quote uguali o diverse a più persone1.
In queste situazioni, però, un singolo erede potrebbe sfruttare la casa, escludendo gli altri.
In altre parole, la comunione ereditaria sul bene gli consente comunque di sfruttare la casa, avendo lui una quota sul bene indiviso.
Infatti, egli ha comunque un diritto sul bene, anche se usandolo solo lui, dovrà rendere il conto agli eredi.
Le liti ereditarie se un erede sfrutta la casa in modo esclusivo
E’ ovvio che queste situazioni creano dissidi.
L’erede potrebbe essere stato immesso già dai genitori nel bene2.
Oppure, al momento della morte del genitore, potrebbe occupare il bene, tenendosi le chiavi.
In situazioni estreme, potrebbe cambiarne la serratura, per sfruttare la casa in modo totalmente esclusivo.
Al proposito si ricordano gli effetti gravi dell’usucapione di un bene comune:
“il coerede che invochi l’usucapione ha l’onere di provare che il rapporto materiale con il bene si è verificato in modo da escludere gli altri coeredi dalla possibilità di instaurare un analogo rapporto con il bene ereditario (Cass.,Sez.II,12 aprile 2002, n.5226)
Un erede sfrutta la casa con un comodato
Il comodato3 è un contratto verbale, non necessita della forma scritta (art. 1803 c.c.).
E’ possibile, pertanto, che l’erede sia stato autorizzato a parole dai genitori defunti.
In questi casi, si pone sempre il problema per gli altri eredi.
Questi, infatti, non hanno possibilità di entrare e occupare l’immobile.
Non possono neanche sostenere che si tratti di una donazione, perché finora la giurisprudenza di legittimità lo ha negato.
L’erede sfrutta la casa, perché è collegata ad un’azienda
Potrebbe anche trattarsi di un’azienda, che contiene la casa, o di un’azienda agricola.
L’erede, in questo caso specifico, dovrebbe rendere il conto non solo della casa, ma anche dei proventi dell’azienda.
Se, infatti, il genitore l’ha immesso nell’azienda, e nella sua gestione, egli ha una posizione di vantaggio.
Ciò significa che di fatto incamera i guadagni, a dispetto degli altri eredi.
L’erede sfrutta la casa, che diritti hanno gli altri eredi?
Il diritto di rendiconto
Gli altri eredi hanno anzitutto il diritto ad avere il rendiconto.
Significa, cioè, che l’erede dovrà dire sia quanto ha ricavato dalla casa, magari affittandola, sia dall’azienda.
Non è escluso che l’erede sfrutti la casa affittandola, oppure con locazione turistica.
Questo accade specialmente nelle zone turistiche d’Italia, quelle vicino al mare o alla montagna.
Il diritto ad avere l’indennizzo per il mancato uso
Un altro diritto che spetta al coerede è quello di ricevere indennizzo per il mancato uso.
Ciò significa che il coerede ha diritto a guadagnare anche lui dal bene comune, se il fratello o parente coerede gli impedisce di usarlo.
Dovrà preferibilmente avvalersi di una consulenza legale, per chiarire come deve muoversi.
L’avvocato indicherà al cliente quali step deve compiere per tutelarsi in concreto.
Come calcolare l’indennizzo secondo la giurisprudenza
La restituzione si pone quale ristoro per la privazione dell’utilizzazione pro – quota del bene comune e si identifica con il corrispettivo del godimento dell’immobile che si sarebbe potuto concedere a terzi secondo i correnti prezzi di mercato.
I frutti civili possono essere, allora, individuati nei canoni di locazione percepibili per l’immobile.
Il risarcimento a favore dei coeredi va pertanto commisurato al valore locativo degli immobili, attendibilmente calcolato da un consulente nei valori indicati ed aggiornato all’attualità, con decorrenza dalla notifica della domanda giudiziale e nella misura corrispondente alla quota astratta di eredità a ciascuno dei dei coeredi spettanti su tali beni.
Da quando decorre il diritto all’indennizzo al coerede
Colui che utilizza, in via esclusiva, il bene comune non è tenuto, in via di principio, a corrispondete alcunché al comproprietario “pro indiviso” che risulti inerte.
Tuttavia, allorché il proprietario abbia manifestato l’intenzione di utilizzare il bene in maniera diretta, l’occupante è tenuto al pagamento della corrispondente quota di frutti civili ritraibili dal godimento indiretto dell’immobile.
Possiamo dire, quindi, che se un erede sfrutta la casa in modo esclusivo, non dovrebbe versare niente.
Questo però vale finché gli altri coeredi non si attivano, a quel punto le cose cambiano.
Se l’erede sfrutta la casa può trovare altri modi per non pagare
Secondo la giurisprudenza,
“in materia di comunione del diritto di proprietà, se per la natura del bene o per qualunque altra circostanza non ne sia possibile, ai sensi dell’art. 1102 c.c.. un godimento diretto con pari uso da parte dei comproprietari, essi possono deliberarne l’uso indiretto e in mancanza di tale deliberazione, il comproprietario, che da solo ha goduto del bene, deve corrispondere agli altri partecipanti alla comunione i frutti civili con decorrenza dalla data in cui gli perviene la richiesta di uso turnario o comunque di partecipazione al godimento da parte degli altri comunisti” (Cass.. sez. II. ordinanza n. 10264 del 18 aprile 2023)
Se un erede sfrutta la casa, che cosa fare?
Possiamo a questo punto tirare le somme del nostro discorso.
Se un erede sfrutta la casa proveniente dall’eredità, o perché si trattiene dentro alla morte del genitore, o perché la occupa fattivamente, gli eredi potranno agire.
Il punto fondamentale è che, a norma dell’art. 1102 c.c., l’occupazione diventa illecita nel momento in cui esclude gli altri coeredi.
Prima di tale soglia, l’uso è lecito e non comporta ovviamente il pagare indennizzi da attività lecita.
Articolo redatto ad Alpignano da Studio Duchemino il 5 dicembre 2025
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- Il giudizio di scioglimento della comunione ordinaria, come quello relativo alla comunione ereditaria, tende all’accertamento del diritto di ciascun condividente ad una quota ideale del bene comune (o dell’asse ereditario) ed alla sua trasformazione in un diritto di proprietà esclusiva su una corrispondente porzione di beni e siffatto accertamento non può prescindere dalla indagine in ordine alla effettiva consistenza del bene (e dell’asse ereditario e quindi della titolarità dei beni in capo al de cuius), né dalla verifica della qualità di proprietario (e di erede) in capo a tutte le persone che partecipano al giudizio di divisione, atteso che la relativa sentenza spiegherà la sua efficacia nei confronti di tutti i partecipanti alla comunione. ↩︎
- La giurisprudenza di legittimità è consolidata nel ritenere che il contratto di comodato non integri una liberalità indiretta, poiché l’arricchimento procurato dalla donazione non può essere identificato con il vantaggio che il comodatario trae dall’uso personale e gratuito della cosa comodata, utilità che non costituisce il risultato finale dell’atto posto in essere dalle parti (come invece nella donazione), bensì il contenuto tipico del comodato stesso (Cass. 24866/2016; in senso conforme anche la più recente Cass. 27259/2017). ↩︎
- Il comodato è un contratto reale, di natura unilaterale (perché ne sorge il solo obbligo di restituire lo stesso bene ricevuto), è essenzialmente gratuito, si presume avente durata indeterminata ove non ve ne sia predeterminata specificamente una ed è, essenzialmente, fondato sul c.d. intuitus personae, ovvero sul rapporto fiduciario intercorrente tra le parti, spesso legati da vincoli familiari. ↩︎
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