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Rendiconto ai comproprietari: le ipotesi più frequenti

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Che cos’è il rendiconto ai comproprietari e quando è obbligatorio?

Oggi ci occupiamo del rendiconto ai comproprietari.

In generale, il rendiconto è una figura giuridica ampiamente utilizzata in vari ambiti del diritto, ad esempio:

  • nel mandato;
  • tra coeredi;
  • nella tutela;
  • nelle società e associazioni.

Ma perché esiste un obbligo di rendiconto ai comproprietari1?

In sostanza, si tratta di coloro che sono titolari dello stesso bene o accampano diritti. Può trattarsi di denaro, di beni immobili, di titoli finanziari.

Indice

Le due ipotesi classiche di rendiconto

Prima di partire, ricordiamo che il rendiconto può essere obbligatorio per legge o per contratto.

Qualora sia obbligatorio, induce il soggetto a rendere conto delle situazioni di gestione amministrativa, sia quando egli abbia solo un incarico a gestire, sia quando abbia un diritto proprio o un interesse nella gestione.

Tribunale Roma, Sez. XI, 13/09/2012, n. 17154 afferma

Il procedimento di rendiconto è fondato sul presupposto dell’esistenza dell’obbligo legale o negoziale di una delle parti di rendere il conto all’altra, facendo conoscere il risultato della propria attività in quanto influente nella sfera di interessi patrimoniali altrui o, contemporaneamente, nella altrui e nella propria.

E come tale si ricollega all’esistenza di un rapporto di natura sostanziale e si instaura a seguito di domanda di rendiconto proposta in via principale od incidentale, sviluppandosi, quindi, come un giudizio di cognizione di merito, sia pure speciale.

Rendiconto ai comproprietari: la gestione del conto corrente bancario

Una prima situazione da cui scaturisce il rendiconto ai comproprietari è la gestione del conto corrente.

In realtà, accade quando un soggetto è stato incaricato di gestire il denaro di un altro.

Tuttavia, è frequente che l’incaricato sia contitolare del conto, non abbia solo una delega.

Può succedere in famiglia, anzi è un caso abbastanza diffuso.

Nei limiti della quota di comproprietà, il parente può agire sul conto, ma poi deve rendere il conto.

Si tratta di rendere il conto sulla parte eccedente la sua quota teorica, nel caso di conto cointestato.

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Sulla parte di sua proprietà, o che si presume tale, egli potrà agire liberamente, senza rendere conto.

Sulla restante parte, intestata di solito al genitore, al fratello o al parente e/o amico, dovrebbe rendere il conto.

Questo perché in generale si presume che due persone siano titolari in parti uguali di un conto, a meno che non si dimostri che i soldi vengono solo da uno dei due.

La giurisprudenza sul rendiconto ai comproprietari relativo al conto bancario

In questo senso, però, la giurisprudenza si è mostrata molto malleabile.

Nei rapporti tra genitori e figli, se il genitore non contesta l’operato del figlio, si presume che il figlio abbia agito bene e nel suo interesse.

Non è possibile chiedere il rendiconto di singole spese dopo anni.

Questo vale anche e soprattutto se gli altri coeredi non hanno mai sollevato contestazioni.

In fondo, l’adozione di un metro meno rigoroso per le situazioni di convivenza è ammessa dalla stessa Corte di Cassazione (ord. 18814/2023).

Essa afferma

“al fine di ravvisare presuntivamente la sussistenza di plurime donazioni di somme di denaro fatte dalla madre alla figlia convivente, soggette all’obbligo di collazione ereditaria ed alla riduzione a tutela della quota di riserva degli altri legittimari, tratte dalla differenza tra i redditi percepiti dalla “de cuius” durante il periodo di convivenza e le spese ritenute adeguate alle condizioni di vita della stessa, occorre considerare altresì in che misura tali elargizioni potessero essere giustificate dall’adempimento di obbligazioni nascenti dalla coabitazione e dal legame parentale, e dunque accertare che ogni dazione fosse stata posta in essere esclusivamente per spirito di liberalità”.

L’associazione in partecipazione e il rendiconto ai comproprietari

Una seconda situazione in cui vi è contitolarità tra comproprietari ed esige il rendiconto al comproprietario è quella dell’associazione in partecipazione2.

In particolare, questo contratto implica l’obbligo del rendiconto periodico dell’associante e l’esistenza per l’associato di un rischio di impresa.

In realtà, è l’associante che è proprietario unico dell’impresa, tuttavia vi è cointeressenza tra le parti.

Rendiconto ai comproprietari nelle società

Un’altra ipotesi di obbligo a rendicontare è quella in materia di società.

Anche in questo ambito ritroviamo nuovamente un obbligo di rendiconto al comproprietario.

Oppure in generale a un soggetto che condivide la società con il mandatario, ad esempio il socio.

Ciò accade, ad esempio, nella società in accomandita.

La società deve, poi, liquidare la quota agli eredi del socio defunto e l’amministratore della società deve fare il rendiconto agli eredi del socio defunto.

Questo vale anche se il socio defunto fosse amministratore pure lui.

Rendiconto nel factoring

Un’altra situazione in cui vi è obbligo di rendiconto ai comproprietari, oppure anche cointeressati, è il factoring.

Esso è caratterizzato dal fatto che l’affiliato ha un obbligo periodico di rendiconto all’affiliante.

Si tratta di situazioni commerciali in cui entrambe le parti hanno interessi comuni da gestire.

Rendiconto ai comproprietari nelle società fiduciarie

Altra ipotesi in cui è dovuto un rendiconto ai comproprietari è quello delle società fiduciarie, nelle quali la società fiduciaria figura come titolare diretta dei beni che appartengono al cliente.

In questi casi, quindi, dove ha un interesse proprio nella gestione, deve rendere il conto.

Oltretutto, con la maggiore attenzione possibile, in quanto gestisce il patrimonio altrui.

Il rendiconto è basato sul patto di fiducia, che alla fine è un mandato senza rappresentanza.

L’impresa familiare: rendiconto ai comproprietari

Un caso abbastanza diffuso di cointeressenza è poi l’impresa familiare.

In questo tipo di impresa, l’art. 230 bis c.c. non prevede in realtà un rendiconto ai comproprietari, cioè ai familiari che ne fanno parte.

Tuttavia, è anche vero che essi possono fare cessare a maggioranza l’impresa stessa.

Rendiconto agli eredi

Infine, vi sono situazioni ereditarie dove vi è obbligo di rendiconto ai comproprietari coeredi.

Una di queste situazioni è sicuramente l’operazione compiuta da un coerede su conto corrente del defunto, grazie alla delega ricevuta.

La delega bancaria

La delega, giuridicamente qualificabile come atto attributivo del potere di compiere qualunque atto giuridico sui conti cui è riferita, è idonea a far sorgere in capo al delegato il presupposto dell’obbligo di rendicontazione dell’attività gestoria, cui corrisponde il diritto, sorto alla morte del mandante, invocabile dagli eredi (tra le tante, Cass., sez. VI, 9896/2021).

Se uno dei coeredi, quindi, aveva la delega ad operare sui conti dei genitori, deve tendenzialmente rendere il conto ai comproprietari, cioè ai fratelli o coeredi.

Rendiconto su che cosa?

Inoltre, questo rendiconto deve estendersi non solo alla parte del conto eventualmente cointestata, ma a tutto il conto, qualora il denaro appartenesse solo al defunto (Tribunale Ferrara, Sent., 11/03/2024, n. 255).

Inoltre, nei rapporti tra coeredi, bisogna rendere il conto ai comproprietari anche per l’uso esclusivo di beni immobili.

Incombe sui comproprietari, ai sensi dell’art. 723 c.c., un obbligo di rendiconto, la cui ratio va individuata nel fatto che chiunque svolga attività nell’interesse di altri, deve portare a conoscenza di costoro, secondo il principio della buona fede, gli atti posti in essere ed in particolare, quegli atti e fatti da cui scaturiscono partite di dare e avere, al fine di calcolare, nella ripartizione dei frutti, le eventuali eccedenze attive o passive della gestione (Cass. civ. sez. II, 27.04.1991 n. 4633; Cass. civ. sez. II, 07.06.1993 n. 6358; Cass. civ. sez. II, 13.11.1984 n. 5720).

Naturalmente, perché esista l’obbligo di un erede di rendere il conto all’altro occorre che quest’ultimo abbia compiuto un’attività.

E che essa sia stata influente nella sfera di interessi patrimoniali altrui o, contemporaneamente, nella altrui e nella propria, situazione che si verifica tipicamente quando uno degli eredi utilizzi in via esclusiva un bene comune.

Concludiamo questa carrellata di ipotesi di rendiconto ai comproprietari o a coloro che vantano diritti sulla cosa, suggerendo di chiedere una consulenza legale per tempo, nel caso di dubbi.

Articolo redatto ad Alpignano da Studio Duchemino il 26 novembre 2024

  1. Intendiamo le situazioni in cui un soggetto è contitolare del diritto che sta gestendo e quindi rende il conto della gestione agli altri titolari, oppure è interessato, ha un interesse comune ↩︎
  2. L’associazione in partecipazione è un contratto di scambio caratterizzato dal sinallagma tra l’attribuzione di una quota degli utili derivanti dalla gestione dell’affare o della impresa da parte dell’un contraente e l’apporto patrimoniale da parte dell’altro, non determina la formazione di un soggetto nuovo o la costituzione di un patrimonio autonomo, ne’ la comunione dell’affare o dell’impresa, che restano di esclusiva pertinenza dell’associante. ↩︎
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