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I costi della giustizia aumentano invece che diminuire

Il Tribunale di Torino si affretta a pubblicare per gli avvocati la tabella dei nuovi contributi unificati per spese di giustizia.

Al di là delle belle intenzioni, cioè quelle di ottenere tramite le riforme legislative un processo snello, equo e soprattutto poco costoso, il Governo si è mosso nella direzione opposta, aumentando ulteriormente i già alti costi forfetizzati per la promozione delle cause civili.

Purtroppo, in data 24 giugno 2014 è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale il Decreto Legge 24 giugno 2014 n. 90 (Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari) con le disposizioni volte a garantire un effettivo processo telematico.

In effetti, gli avvocati sanno che da tempo si sta preparando la novità del processo telematico, un processo fatto di depositi telematici di atti e documenti che rendono più agevole e rapida la sequenza processuale.

Tuttavia, non si pensava che per garantire tale snellezza, si arrivasse ad aumentare i costi dei processi, come si legge nell’art. 53, che qui si riporta, trattandosi proprio di norma di copertura finanziaria

ARTICOLO 53 (Norma di copertura finanziaria)

1. Alla copertura delle minori entrate derivanti dall’attuazione delle disposizioni del presente capo, valutate in 18 milioni di euro per l’anno 2014 e 52,53 milioni di euro a decorrere dall’anno 2015, di cui 3 milioni di euro per l’anno 2014 e 10 milioni di euro a decorrere dall’anno 2015 per l’attuazione dell’articolo 46, comma 1, lettera d), 15 milioni di euro per l’anno 2014 e 42,53 milioni di euro a decorrere dall’anno 2015 per l’attuazione dell’articolo 52, comma 2, lettere a), b) e c), si provvede con le maggiori entrate derivanti dall’aumento del contributo unificato di cui all’articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n.115, al quale sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 13, comma 1, alla lettera a) le parole: «euro 37» sono sostituite dalle seguenti: «euro 43»;
b) all’articolo 13, comma 1, alla lettera b) le parole: «euro 85» sono sostituite dalle seguenti: «euro 98»;
c) all’articolo 13. comma 1, alla lettera c) le parole: «euro 206» sono sostituite dalle seguenti: «euro 237»;
d) all’articolo 13, comma 1, alla lettera d) le parole: «euro 450» sono sostituite dalle seguenti: «euro 518»;
e) all’articolo 13, comma 1, alla lettera e) le parole: «euro 660» sono sostituite dalle seguenti: «euro 759»;
f) all’articolo 13; comma 1, alla lettera f) le parole: «euro 1.056» sono sostituite dalle seguenti: «euro 1.214»;
g) all’articolo 13, comma 1, alla lettera g) le parole: «euro 1.466» sono sostituite dalle seguenti: «euro 1.686»;
h) all’articolo 13, il comma 2 è sostituito dal seguente: «2. Per i processi di esecuzione immobiliare il contributo dovuto è pari a euro 278. Per gli altri processi esecutivi lo stesso importo è ridotto della metà. Per i processi esecutivi mobiliari di valore inferiore a 2.500 euro il contributo dovuto è pari a euro 43. Per i processi di opposizione agli atti esecutivi il contributo dovuto è pari a euro 168.»;
i) all’articolo 13, comma 5, le parole: «euro 740» sono sostituite dalle seguenti: «euro 851»”.

In poche parole, in attesa di ulteriori commenti, possiamo già concludere che il risparmio di spesa dovuto al processo telematico non viene lasciato a garanzia dei cittadini, ma volutamente compensato con un incremento sproporzionato delle spese, rendendo sempre più la giustizia un meccanismo riservato unicamente alla parte ricca della popolazione.

Consideriamo, infatti, che già i tagli al cosiddetto patrocinio a spese dello Stato e gli incrementi del contributo unificato che sono stati operati dagli ultimi governi rendono pressoché impossibile arrivare ad una soluzione giudiziaria dei problemi, specialmente per quelle fasce della popolazione particolarmente colpite dalla crisi economica in corso.

Che si voglia o meno scoraggiare l’accesso alla giustizia civile, resta il fatto che in effetti per proporre uno sfratto non si rende necessario solo un contributo unificato, ma fronteggiare incrementi di spesa spesso assurdi, legati alle notifiche da effettuare presso tribunali “accorpati”, distanti diversi chilometri, affrontare le spese di copia, sempre più onerose, degli atti; affrontare, poi, le spese di esecuzione. Lo stesso vale per altri tipi di processo, un po’ meno per quelli in ambito familiare quali le separazioni e i divorzi. Il discorso coinvolge, infatti, soprattutto le cause che non sono mai state “esenti dal contributo unificato”, cioè non hanno mai goduto di un regime privilegiato. Dovrà però intendersi che di questi tempi, parlare di materie privilegiate è quanto meno sospetto, in quanto le materie tradizionalmente privilegiate sono anche quelle, come la materia del lavoro, in cui è particolarmente pressante l’esigenza di garantire al cittadino una tutela che non si presenti come devastante a livello economico, come avviene, invece, per l’ambito fiscale. In effetti, l’aumento dei contributi unificati in ambito tributario, anch’esso legato in qualche modo alle vicende degli ultimi anni, ha dimostrato la totale incapacità del legislatore di procedere a riforme fatte con competenza di causa, dimenticando per esempio che vi sono molti casi in cui l’accertamento infondato dell’Agenzia delle Entrate è quello che fornisce base imponibile al contributo unificato, costringendo il cittadino, soprattutto nei casi di accertamenti sintetici e redditometrici, a sborsare migliaia di euro per assicurarsi l’inizio di un processo che magari non servirà a nulla. Insomma, attendiamo ancora per verificare se le prossime attività di governo e parlamento sapranno fornire ai cittadini risposte adeguate e all’altezza di uno Stato moderno.

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