Una delle questioni più dibattute in dottrina nell’ambito del diritto condominiale è la seguente: se al condominio e quindi al condomino si applichino o meno le norme di protezione stabilite dal Codice del Consumo in materia di tutela del consumatore. La risposta è ormai positiva.
Possiamo premette anzitutto che l’avvocato immobiliarista si imbatte quotidianamente in questioni che vedono il condomino come parte debole di una contrattazione su larga scala come quella delle forniture e delle somministrazioni – ad esempio le utenze, i contratti di abbonamento a servizi, i contratti di manutenzione che implicano servizi annuali e stabili nel tempo -.
L’amministratore condominiale agisce, come si sa, come mandatario dei singoli condomini e quindi gli effetti dei suoi atti, essendo un mandato con rappresentanza, ricadono sul condominio.
Proprio per questo si pone l’esigenza di una particolare tutela del condomino che assume di volta in volta la veste di “consumatore” – per consumatore si intende la persona fisica che agisce al di fuori della sua attività professionale abituale – nel momento in cui l’amministratore contratti o stipuli contratti da cui discendono obbligazioni a carico del condominio con grandi enti come quelli che forniscono luce e gas.
In sostanza bisogna chiedersi se la normativa prevista dal Codice del Consumo (d.lgs. n. 206/’05), originariamente inserita nel codice civile agli articoli 1469 bis e seguenti e poi confluita in un organico testo completo, il Codice del Consumo appunto, sia applicabile anche al condominio: e veniamo subito al dunque.
Su questo argomento gli avvocati immobiliaristi fanno riferimento di solito alle ordinanze e sentenze della Corte di Cassazione civile ord. n. 10086 del 24.7.’01 e, più recentemente, ord. n. 452 del 12.1.’05, le quali hanno fornito alcuni spunti importanti su questa materia.
Secondo la dottrina, qualora il Legislatore della riforma del condominio avesse assunto con maggiore coraggio la decisione di attribuire al condominio la capacità giuridica nel senso di attribuire una vera e propria personalità giuridica, sicuramente ciò avrebbe giovato anche alla tematica della tutela del consumatore condomino. Resta il fatto che quando l’amministratore o un singolo condomino agiscono come consumatori possono fruire della tutela fornita dalla legge a tutte le parti deboli del contratto e quelle che sono costrette a subire clausole che provocano “significativi squilibri” nell’ordinamento contrattuale.
Ricordiamo, infatti, che spesso, come rappresentato all’avvocato immobiliarista da molti clienti che si trovano in crisi con il pagamento delle spese condominiali e rischiano addirittura una espropriazione forzata dell’unità immobiliare, le utenze che devono essere pagate dal condominio a seguito di contratti “capestro” possono essere molto alte, al di là della distinzione nota tra libero mercato e quindi tariffe totalmente libere e rimesse all’autonomia delle parti e il servizio di “maggior tutela” ancora in vigore che consente di applicare tariffe pubbliche e controllate.
In alcuni casi i contratti stipulati dal condominio sono talmente gravosi che implicano una spesa capace di mettere in ginocchio l’autonomia finanziaria del condominio, con ovvie ripercussioni sulla sua gestione.
Nell’ambito dell’ordinanza 452 del 2005 della Corte di Cassazione si riporta la posizione del condominio che
“richiama la sentenza n. 11282/01, che, superando il precedente orientamento espresso dalla sentenza n. 15101/00, ha affermato l’applicabilità delle norme che hanno recepito la direttiva sulle clausole abusive ai rapporti sorti prima della loro entrata in vigore e l’introduzione di un foro esclusivo, anche se derogabile a seguito di trattativa individuale”
Oltre alla circostanza importante relativa all’applicabilità retroattiva della normativa del consumatore anche ai casi precedenti alla normativa stessa, che però è una questione marginale sotto questo profilo, rimane indubbio che la stessa ordinanza fornisce elementi importanti per quanto riguarda gli aspetti legali immobiliari del condominio, in quanto la corte afferma che
per quanto concerne la qualificazione del Condominio quale soggetto consumatore, oggetto della questione sub a), non sussistono ragioni per discostarsi dalla sentenza n. 10086/01, secondo cui al contratto concluso con il professionista dall’amministratore del condominio, ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei suoi partecipanti, si applicano, in presenza degli altri elementi previsti dalla legge, gli artt. 1469-bis e seguenti c.c.c., atteso che l’amministratore agisce quale mandatario con rappresentanza dei vari condomini, i quali devono essere considerati consumatori, in quanto persone fisiche operanti per scopi estranei ad attività imprenditoriale o professionale;
Arriviamo, quindi, alla fine di questo percorso logico. Nonostante la mancata introduzione di una vera e propria personalità giuridica del condominio possiamo concludere che l’orientamento giurisprudenziale prevalente consente all’avvocato immobiliarista di impugnare eventuali clausole contrattuali inserite in moduli o formulari che abbiano imposto al condominio trattamenti onerosi e pesanti dal punto di vista giuridico.
Una tutela quindi è prevista e spetta chiaramente all’amministratore e ai condomini sapere che agendo come privati cittadini e al di fuori della attività professionale, sono a tutti gli effetti consumatori ai fini del Codice del Consumo.
Qualora quindi si presentasse in condominio una questione giuridica od economica relativa soprattutto a costi eccessivi, penali, trattamenti di disfavore per il condominio a causa di contratti onerosi e capestro è necessario rivolgersi immediatamente all’avvocato immobiliarista e individuando quindi quali sono i profili di responsabilità degli enti e la possibilità tecnica di impugnare il contratto per una “nullità relativa” e quindi chiaramente posta a protezione del consumatore e ottenere una parziale inefficacia del medesimo con disapplicazione delle clausole nulle perché vessatorie.
Sarà infatti l’avvocato immobiliarista a valutare nel modo più corretto la portata di determinate clausole, facendo in modo che possano essere impugnate qualora ve ne siano i requisiti.
Articolo redatto a Torino da Studio Duchemino il 16 febbraio 2019