Molti lavoratori vengono licenziati durante il cosiddetto periodo di prova, disciplinato dall’art. 2096 cod. civ..
Che fare in questi casi? E’ sempre possibile per l’impresa licenziare in tronco? Deve il datore di lavoro motivare la sua scelta?
Nel corso degli anni questa disciplina ha subito varie modifiche ed è stata oggetto di numerose riflessioni di giurisprudenza e dottrina, considerato che il patto di prova dovrebbe essere anzitutto stipulato per iscritto e considerata la sentenza della Consulta n. 189 del 1980 con la quale la Corte ha introdotto un sindacato giurisdizionale del patto di prova.
Di recente una sentenza della Cassazione, Corte di cassazione civile, sez. Lavoro, 18 gennaio 2017, n. 1180, chiarisce la fase cosiddetta genetica del patto di prova.
Come nasce, come si sviluppa, come termina sono questioni che possono limitatamente essere oggetto di un accertamento presso il tribunale, sezione lavoro. Nella vicenda sottesa alla fattispecie, un lavoratore aveva fatto ricorso, credendo giustamente di poter impugnare il licenziamento – il quale potrebbe avvenire o durante il periodo di prova, o al termine -. Si pone, quindi, l’esatto quesito se esso è motivato da una causa estranea al patto di prova (motivo illecito), ad esempio per eludere certe normative di lavoro.
Il lavoratore può comunque dimostrare il superamento, il mancato espletamento. Lo deve fare davanti al giudice, secondo i consueti canoni dell’onere della prova.
Precisa il Collegio:
il licenziamento intimato nel corso o al termine del periodo di prova, avendo natura discrezionale, non deve essere motivato, neppure in caso di contestazione in ordine alla valutazione della capacità e del comportamento professionale del lavoratore stesso, aggiungendo tuttavia che incombe sul lavoratore licenziato, che deduca in sede giurisdizionale la nullità di tale recesso, l’onere di provare, secondo la regola generale di cui all’art. 2697 c.c., sia il positivo superamento del periodo di prova, sia che il recesso è stato determinato da un motivo illecito e quindi, estraneo alla funzione del patto di prova (Cass. n. 21784 del 14 ottobre 2009, n. 16224 del 27 giugno 2013). Risultandone quindi circoscritta la libertà di recesso nell’ambito della funzione cui il patto di prova è finalizzato.
Articolo redatto a Torino da Studio Duchemino il 16 luglio 2018