Si è più volte parlato dei due istituti dell’amministrazione di sostegno e dell’interdizione: si tratta degli strumenti con cui l’ordinamento rende possibile alla persona parzialmente o totalmente incapace di intendere e di volere un supporto nella propria gestione personale e patrimoniale.
E’ possibile nominare un amministratore di sostegno su tutto? Cioè che si occupi di tutti gli aspetti di gestione dell’incapace, nessuno escluso? La risposta è negativa.
Occorre dire che quando si ha un parente incapace di intendere e di volere, con vario livello di incapacità, bisogna muoversi per tempo, prima che la situazione si aggravi notevolmente rendendo inutile ogni intervento successivo, viste anche le lungaggini di queste procedure. Bisogna rivolgersi allo studio legale a Torino, che si occupa proprio di procedimenti relativi alla capacità delle persone, esponendo all’avvocato gli aspetti della vicenda. Quale è il grado di incapacità del parente? Quali atti riesce a compiere da solo?
A settembre 2017, con sentenza Trib. Torino, Sent., 22-09-2017, il Tribunale di Torino ha nuovamente specificato che non è possibile la nomina di un amministratore di sostegno che de facto si occupi di tutte le questioni relative all’incapace, in quanto in tale modo l’interdizione, come istituto, ne verrebbe svuotata del suo contenuto a favore di un istituto – l’amministrazione di sostegno – che dovrebbe salvaguardare la persona relativamente incapace, consentendogli di occuparsi almeno parzialmente di se stessa.
L’avvocato spiega al cliente come il Tribunale imposta il rapporto tra i due istituti:
Un provvedimento di Amministrazione di Sostegno non può che essere strutturato attraverso l’indicazione di singoli atti, o categorie di atti che l’Amministratore di Sostegno ha il potere di compiere in nome e per conto dell’amministrato ovvero in assistenza del medesimo (artt. 405 nn. 3 e 4 c.c.); per tutti gli altri atti il beneficiario conserva la capacità d’agire e, in ogni caso, può compiere gli atti necessari a soddisfare le esigenze della propria vita quotidiana
Infatti, ricorda il Tribunale piemontese:
Invero, un provvedimento di Amministrazione di Sostegno che autorizzi tutti gli atti necessari alla gestione personale e patrimoniale, pare in contrasto con l’interpretazione della Corte Costituzionale, la quale, nella sentenza n. 440/05, ha affermato che l’Amministrazione di Sostegno è strumento applicabile ai soggetti che, pur non presentando una vera e propria infermità mentale, si trovino in condizioni di menomazione fisica o psichica che non li renda completamente incapaci di provvedere ai propri interessi, tanto che il provvedimento di Amministrazione di Sostegno può riferirsi solo ai singoli atti laddove l’interdizione è caratterizzata da un generico e generale ambito di attività (rappresentanza) e, comunque, in nessun caso i poteri dell’amministratore possono coincidere integralmente con quelli del tutore pena la violazione di principi di rango costituzionale, fra i quali quello del c.d “giusto processo”
E’, quindi, evidente, come in relazione al problema procedurale già analizzato, del passaggio in corso di causa dall’interdizione all’amministrazione di sostegno e, viceversa, dell’impossibilità di trasformare l’amministrazione in interdizione, che la scelta va fatta prima oculatamente; il cliente deve rivolgersi allo studio legale spiegando di quali documenti è in possesso e parlarne con il legale, che lo indirizzerà verso l’istituto più confacente, analizzando la documentazione.
Non è, infatti, possibile concepire uno svuotamento dell’interdizione, al punto da concepire una amministrazione di sostegno che sia dotata di un contenuto totalizzante e ablativo di ogni residua possibilità di autogestione dell’incapace, perchè questo sarebbe oltretutto contrario ai valori costituzionali.
Articolo redatto a Torino da Studio Duchemino il 13 novembre 2017