Il principale problema economico dell’Italia è la mancanza di produttività. L’Italia sembra non voler cogliere il momento favorevole del QE della Banca Centrale Europea per operare finalmente la necessaria spending review e incontrare le esigenze dell’austerity, che correttamente intesa non è una politica del rigore cieco, ma della produttività.
Oggi il comunicato di S&P chiarisce il concetto, la produttività bassa dell’Italia, unico Paese a non averla migliorata dal 2000 in poi, frena la crescita:
Nel 2* trimestre del 2016, ad esempio, l’export italiano è salito del 4% rispetto ai picchi pre-crisi, risultato decisamente modesto se comparato con quello di altri Paesi che hanno invece registrato un incremento compreso tra il 15 e il 25%.
Esempio pratico è quanto emerge dai dati pubblicati oggi dall’INPS, secondo cui c’è un legame diretto tra nuovi occupati e incentivi fiscali alle imprese, incentivi che operano nel senso dell’aumento della produttività del lavoro e dell’attrazione di capitali stranieri.
Temiamo che tale fenomeno, del tutto prevedibile, spinga le imprese verso forme di lavoro non stabili e non sempre tutelate. Dimostrazione ne è la costante crescita dell’utilizzo dei voucher”.
Lo afferma in una nota il segretario confederale della Uil.
Articolo redatto a Torino da Studio Duchemino il 16 novembre 2016